La pervasività tecnologica non è solo quella visibile e tangibile che si manifesta nei numerosi dispositivi che ci portiamo appresso ma soprattutto quella invisibile che li anima e li fa funzionare. E’ una invisibilità garantita da software e algoritmi sempre più evoluti e potenti, capaci di velocizzare l’elaborazione di ogni cosa ma anche di sostituire processi e procedure, dotare di capacità intelligenti robot e macchine tecnologiche e di digitalizzare praticamente ogni cosa
L’ubiquità e pervasività degli schermi tecnologici è l’ultima delle grandi rivoluzioni tecnologiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Un’intera generazione è oggi così abituata e sedotta dalle interfacce tattili dei loro dispositivi da avere trasformato i loro display in messaggi.
Nella sua evoluzione la tecnologia ha trovato il modo di adattarsi e di soddisfare i bisogni umani ma il modo con cui le persone si sono a loro volta adattati alle nuove interfacce e ai dispositivi mobili è stato imprevedibile a causa della creatività che ne è scaturita e che ha cambiato il panorama delle interazioni con la tecnologia, aprendo le porte ad una nuova rivoluzione, quella del software. E’ una rivoluzione che ha trovato espressione in milioni di applicazioni che oggi abitano gli store delle grandi Marche e in una nuova pervasività del software che oggi è diventato il motore di molteplici attività umane ed ha il potere di modificare comportamenti, modi di pensare e stili di vita.
Un tempo quando si parlava di infrastruttura di information technology (IT) il riferimento andava a piattaforme hardware, a monitor e terminali usati per accedervi e a macchine che le permettevano le interconnessioni. Oggi in molte aziende queste piattaforme sono diventate digitali e il ruolo dei dipartimenti IT è sempre più legato alle applicazioni, alle soluzioni e ai servizi. La componente hardware è diventata anch’essa invisibile, trasformatasi in nuvole tecnologiche di cui non si conosce la località e la distribuzione ma dalle quali si ricevono flussi costanti di dati e di informazioni e sulle quali ci si va per eseguire altri algoritmi software, accedere a banche dati e a utilizzare applicazioni.
Come ha scritto Marc Andreessen nel 2011, il primo a usare questa espressione, il software si sta mangiando il mondo.
E lo sta facendo probabilmente a una velocità maggiore di quanto lo stesso Andreessen avesse previsto. La rapidità è legata alla evoluzione degli strumenti software per lo sviluppo, alla evoluzione del software stesso sempre più a oggetti, facilmente integrabile e riutilizzabile ma anche alle metodologie di sviluppo implementate e di tipo Agile, Scrum o basate sull’aggiornamento continuo.
Queste pratiche emerse dapprima nelle aziende tecnologiche e in alcune realtà industriali he hanno fatto da pioniere, oggi interessano quasi tutte le grandi aziende in tutti i principali mercati verticali. Le nuove pratiche hanno sostituito quelle gerarchiche e burocratiche tradizionali e, grazie al software, hanno facilitato la trasformazione delle organizzazioni in realtà collaborative, interconnesse, più innovative e capaci di muoversi rapidamente nell’adattare strategie e iniziative alle nuove esigenze di mercato.
Lontani sono i tempi di aggiornamenti periodici spalmati su più anni, alla Microsoft maniera. Oggi realtà come Salesforce rilasciano più aggiornamenti software all’anno e molte aziende hanno sposato, grazie alla introduzione di approcci e metodologie Agile, l’aggiornamento continuo. Questo approccio è ormai diventato la norma e difficilmente sarà accantonato. Non lo permette il mercato, non lo permette la nuova forma dell’organizzazione e la sua cultura e soprattutto non lo permette lo stadio di evoluzione raggiunto dal software che obbliga l’azienda ad adattamenti continui, all’agilità e alla rapidità di esecuzione.
Ricorrere a piccoli ma continui aggiornamenti è diventata una necessità ma è anche molto pratico perché permette di continuare ad aggiungere novità applicative e funzionalità così come di risolvere rapidamente eventuali problemi o errori di implementazione e sviluppo. Uno sviluppo software continuativo permette altresì di migliorare continuamente l’esperienza utente comunicando quanto questa esperienza sia importante nelle strategie relazionali e di fidelizzazione dell’azienda o della Marca. Il valore di questo approccio sta sia nella capacità di far evolvere il software continuamente introducendo novità e migliorie ma anche nell’uso che di esso si può fare per monitorare il gradimento e i risultati ottenuti da parte dell’utente/utilizzatore.
Fonte: venturebeat.com
La trasformazione delle aziende in organizzazioni digitali sta avvenendo grazie a dipartimenti IT sempre più orientati dallo sviluppo software necessario ad automatizzare processi e attività e a digitalizzarli in base agli standard software che fanno girare il mondo online, sociale e Mobile. La pervasività del software obbliga a continui investimenti in persone e loro talenti, in progetti e loro rapidità di implementazione e in strumenti tecnologici e metodologici oltre che in formazione per usarli ma anche per gestirli introducendo nuovi stili di management e nuove forme di organizzazione.
A mangiarsi il mondo è il software nel suo complesso. Più quello Open Source rispetto a quello proprietario e legato ai sistemi e alle piattaforme tradizionali. Ciò che fa la differenza non è quanto un software sia aperto o proprietario ma quanto e in quanto tempo sia rapidamente riutilizzabile, quanto sia modulare e costruito su standard condivisi e su quanto sia integrabile con il software che sta facendo funzionare Internet e le nuove applicazioni Mobile e soddisfacendo i bisogni e le esigenze di consumatori, dipendenti e utenti dalla mente nuova perché modificata tecnologicamente.
Il mondo è sempre più basato sul software, sulle sue component sociali e sulla sua apertura. Per non perdere terreno e cogliere le opportunità che la pervasività del software sta offrendo bisogna attrezzarsi e maturare la disponibilità a sperimentare tutte le novità e le nuances che l’evoluzione del software presenterà.
In particolare non bisogna sottovalutare il potere crescente che il software ha assunto. E’ un potere con effetti duraturi e di lungo termine perché incide sulle menti degli individui e cambia i loro comportamenti e le loro abitudini. E’ un potere che tendiamo a sottostimare nei suoi effetti pervasivi perché ci siamo sottomessi acriticamente ad esso per i n numerosi vantaggi e benefici che sa offrire.
Il potere del software nasce dalla sua evoluzione e capacità generativa che ha portato alla creazione di piattaforme, protocolli, algoritmi, applicazioni che si sono trasformati nei componenti elementari di un’unica grande piattaforma resa accessibile a tutti dal software della Rete e di Internet.
La sottovalutazione del potere diffuso del software nasce anche dalla ignoranza (non conoscenza) sull’intelligenza che anima le novità tecnologiche, siano esse prodotti indossabili, droni, nanotecnologie, o stampanti 3D. La loro esistenza è legata al software, dalle logiche e dagli algoritmi che lo caratterizzano.
La rivoluzione del software è stata resa possibile da decenni di evoluzione tecnologica che è servita a costruire i componenti e i tasselli che oggi danno forma alle piattaforme software che rendono possibile il mondo interconnesso del Web. E’ una rivoluzione che non si sarebbe affermata senza le nuove generazioni di nativi digitali, individui nati e cresciuti con cervelli e menti modificati tecnologicamente dalle loro interazioni con la tecnologia. Le pratiche tecnologiche delle nuove generazioni sono avvenute per lo più senza la supervisione degli adulti e sono servite come strumento di cambiamento che sta facendo nascere nuove forme di socialità (social networking), di organizzazioni politiche (Movimento 5 stelle, Occupy, ecc.), economiche (startup, borse finanziarie, globalizzazione, ecc.) e relazionali (messaging, cinguettii, selfie, instagram, ecc.) e commerciali (morte le ideologie rimangono i prodotti).
Le tecnologie capaci di mangiarsi il mondo per le loro caratteristiche intrinseche e carattere disruptive non sono nuove. Tutte hanno avuto una forza prometeica di cambiamento legate a nuove realtà emergenti che si affermano grazie al protagonismo di nuove entità sociali capaci di orientarsi nel caos che sempre si genera in periodi di grandi cambiamenti.
Le entità sociali che si sono fatte carico di questa grande trasformazione sono le generazioni di nativi digitali, capaci di cogliere le potenzialità e le opportunità del software e dei suoi algoritmi perché senza radici nel passato e poco condizionati dalla Storia e da ideologie varie. A queste generazioni interessa, come a Prometeo, la sperimentazione e l’esplorazione per capire come navigare il nuovo mondo globalizzato, piatto e interconnesso.
Chi non ha il coraggio di seguire le nuove generazione avventurandosi in territori sconosciuti e forse desertici, è destinato a rimanere indietro o a non andare da nessuna parte. Per alcuni (gli adulti?) questa potrebbe anche essere la soluzione migliore ma non la scelta capace di fermare la rivoluzione del software e il suo pantagruelico appetito.
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